Dalla Teoria alla Pratica
- L’Unicivium come polo di aggregazione con propri scopi.
- L’Unicivium come strumento a disposizione della società civile.
- Il nuovo metodo democratico e le differenze etnico-culturali.
- Ethos democratico e multiculturalismo.
Mi
rendo conto, che la fondazione e l’organizzazione di un
movimento o associazione politica, in merito al metodo democratico da
utilizzare, comporta delle difficoltà anche dovute alla
capacità di
comprensione oltre che alla volontà di rimettersi ad
un’idea generale.
Ci
vuole in contemporanea la presentazione della forma
associazione, il vincolamento della stessa ad uno statuto
già redatto, che fin dall’inizio
stabilisca la carta del come, che stabilisca un modello di democrazia
interna
intorno al quale aggregare le persone. Non è possibile
stilare una bozza di
statuto e lasciarlo soggetto ad approvazione e modifica da parte dei
sottoscrittori senza prendere poi in considerazione le loro richieste.
Sono
dell’avviso, che le regole democratiche interne siano le
prime che debbano essere stabilite e fissate e non siano soggette a
modifiche da parte
degli iscritti, se non per voto di maggioranza dei tre quarti dei
votanti iscritti.
Ci
si deve aggregare intorno a questo modello, sulla falsariga
del partito, istituzione stupidamente tanto vituperata quanto
osteggiata quando
invece è secondo me l’unica valida fin quando
abbiamo le vigenti regole del
gioco di rappresentanza democratica stabilite dalla Costituzione.
Un nuovo modello di partecipazione democratica stabilito e fissato in uno statuto di una nuova associazione politica è di per sé motivo di interesse e di aggregazione e ciò viene sottovalutato. Purtroppo viene anche sottovalutato, che gran parte della popolazione non comprende né il contenuto né la portata di una proposta del genere visto che agli speechwriters dei leader politici viene richiesto di scrivere discorsi considerando i destinatari mentalmente degli adolescenti tra gli undici ed i quattordici anni. Con grande rammarico devo concordare, ed anche per questo insisto nell’inserire nei programmi fondamentali l’istruzione.
L’Unicivium
come polo di aggregazione con propri scopi.
In
concreto si tratta di costruire delle associazioni politiche partendo
dal
basso, tramite cittadini che si accordano su pochi e precisi scopi
condivisibili. Identificati gli scopi, questi cittadini fondano associazioni sul modello Unicivium e vi si iscrivono, via web, rendendo pubblica
la propria
identità. Questa iscrizione dà loro diritto a
proporre e ad eleggere , sempre
via web che certifica il loro voto, gli organismi all’interno
dell’associazione, cioè i gruppi di studio,
a proporre e a candidare alle elezioni i parlamentari
seguendo
prefissati criteri. Questo operare via web permette da un lato di
superare
l’aspetto locale della democrazia diretta, in quanto gli
scritti possono
risiedere in qualsiasi località d’Italia,
e in secondo luogo consente il non
venir meno
dell’agire personale. Viene
eliminata la delega in tutti gli ambiti,
eccetto la delega al parlamentare che, però, è
condizionata dal vincolo del
mandato imperativo. I gruppi di studio
operano via web e, quindi, non hanno necessità
di riunirsi fisicamente; i
loro componenti possono operare da dove meglio credono.
L’associazione non deve avere la struttura
di un partito pigliatutto;
formalmente deve mantenerne
le apparenze per rientrare nei regolamenti dello stato, ma in
realtà deve
essere solamente uno strumento a disposizione degli iscritti e della
società
civile, ad essa dedicato e con pochi scopi propri, condivisi dai
partecipanti.
L’associazione
politica dovrà nascere intorno a questi pochi scopi
fondamentali con i relativi gruppi di studio permanenti. I temi e le
proposte, sviluppati
da questi ultimi su
richiesta degli
elettori, saranno successivamente sottoposti alla
valutazione e al
voto degli elettori stessi prima
di essere inoltrati in parlamento
tramite i propri parlamentari eletti. Per sua natura
l’Unicivium non accetta al
suo interno dibattiti e discussioni, ma solamente voti a favore o voti
contrari. Questo presuppone che una proposta di un elettore sia
già stata
discussa altrove e poi proposta all’Unicivium,
all’interno della quale vi è
solamente la possibilità di votare a favore
o contro tale proposta.
Le
proposte possono essere poste anche
dai gruppi di studio che hanno
una
visione più completa del settore specifico da loro seguito,
ma anche in questo
caso la proposta formulata deve essere sottoposta al voto degli
elettori e non
può essere indirizzata ai parlamentari senza il loro
consenso.
Gli
elettori/associati/iscritti,
perciò, sono soggetti ad una autolimitazione che
è essenziale e non di poco
conto: essi si limitano ad approvare o a respingere via web una
proposta di
legge, presentata all’Universitas, senza
dibattito interno,
perché questo potrebbe
portare a spaccature , a divisioni
interne. Non è previsto un forum sul
sito dell’Unicivium in quanto lo
stesso sito non sarà un social network, ma uno strumento
decisionale.
L’Unicivium non sarà un sito di consultazione
popolare, ma un sito di decisione
democratica.
Comunemente
non si
è molto avvezzi all’utilizzo della democrazia
intesa semplicemente come un modo
per amministrare una cosa pubblica. Democrazia non è
sinonimo di libertà, le
due cose sono complementari e sinergiche, ma non identiche. Ci si
riunisce, si
discute, si vota ed
il 50% più un voto
ha ragione sugli altri che, a loro volta, non mettono il broncio, non
fanno
scissioni, spaccature, correnti e non si sentono emarginati,
perché senza la
minoranza non vi è maggioranza, ma solo massificazione e
conformismo.
Orbene,
queste
problematiche vengono stemperate sin dall’inizio lasciando la
discussione al di
fuori dell’associazione, anche se il primo voto di
accettazione della
proposta da parte dell’Unicivium in
qualche modo è da considerare una delibera.
L’Unicivium
come strumento a disposizione della società civile.
L’Universitas
Civium
in può raccogliere, tramite i suoi elettori, le istanze
della società civile,
della rete e dei vari movimenti, ma solo come individui, non in quanto
movimenti o aggregazioni perché l’impegno politico
dell’elettore deve essere
personale e non anonimo.
L’elettore
porta
all’interno dell’Unicivium una proposta di un
movimento, sottoponendola agli
altri elettori, lasciando così fuori
dall’Unicivium il movimento, i suoi capi,
le sue campagne e così via.
A
voto palese gli
elettori decidono se accettare o rifiutare la proposta e, in caso di
accettazione, se demandarla al gruppo di studio competente per
elaborarla in
modo adeguato.
Ovviamente
nulla
vieta ad un militante o a un dirigente di un movimento di essere
elettore
dell’Unicivium, ma è anche ovvio che il peso della
sua parola e del suo voto
sarà eguale a quello degli altri elettori.
Di
per sé
l’Unicivium non “movimenta” nulla,
è unicamente quel nuovo raccordo tra società
civile e pubblica amministrazione che oggi è gestito dai
partiti, dai relativi
capi ed oligarchi.
Chi
“movimenta”
sono i singoli elettori, esposti personalmente, che delegano, previa
“filtrazione,” i parlamentari a fare ciò
che hanno deciso sia da fare. Finite
le campagne elettorali, niente fango sui delegati che saranno degli
illustri
sconosciuti, nessun bisogno di dover andare alle trasmissioni di
attualità
politica e nessun bisogno di doversi confrontare con giornalisti,
opinionisti,
economisti di parte. Che se la cavino i
movimenti, se ne sentono
il dovere.
L’Unicivium
si propone quindi come una Dachorganisation,
un’organizzazione ombrello, un’organizzazione
che raccoglie le istanze dei movimenti senza fare proprie le lotte ed i
fini
degli stessi.
Gli
acquaioli, i nuclearisti e le snoqies
non avranno necessità di fare intese tra loro se non quella
di utilizzare la
nuova aggregazione. O la utilizzano o non la utilizzano. Devono, quindi, intendersi
con
l’associazione. Si tratta di un organismo/associazione, al di
fuori e al di
sopra dei movimenti, costituito/a da cittadini, che può
raccogliere le istanze
dei movimenti e della società civile, le può
trasformare in proposte di legge ed
inoltrarle ai propri rappresentanti in parlamento.
L’associazione
opera un convogliamento delle frammentazioni già esistenti, cioè dei vari
movimenti portatori di temi
specifici, che non si sentono rappresentati dai partiti, che si
adontano
parecchio quando da questi vengono strumentalizzati ed esautorati, ma
che non
vogliono organizzarsi in forma di partito.
La
frammentazione/movimento verrà incanalata proprio dal
meccanismo che è l’organizzazione
ombrello. Alla base di questo meccanismo sta il nuovo metodo
democratico che
indica la procedura per realizzare la
democrazia, non il
merito che, invece, riguarda il cosa
realizzare . L’Unicivium non ha nulla da dire agli acquaioli,
ai nuclearisti e
neanche alle snoqies. Vuole dare
loro solamente la possibilità di vociare in parlamento e non
per strada e nelle
piazze.
Il
dibattito deve
avvenire nella società civile, nella rete, nelle varie
associazioni, come ad
esempio quelle dei precari. Una volta dibattuta
una proposta per il
miglioramento della
propria condizione, essi la
presentino
tramite una singola persona, in quanto elettore certificato
dell’Unicivium, e
non in quanto associazione
o movimento. Sia
poi il singolo elettore colui che presenta all’Unicivium una
proposta della
società civile e sia poi il GDS incaricato che, in seguito
ad un voto di
accettazione degli iscritti all’associazione , la porti
avanti con il dovuto
iter.
In
pratica
all’interno dell’Unicivium non vi è un
vero e proprio dibattito con conseguente
votazione. L’iter
è il seguente: viene
presentata una proposta di legge, già votata da una
componente della società
civile, che all’interno dell’Universitas civium
viene accettata o respinta. Se
gli Universali la accettano, viene dato l’incarico al GDS
competente di
verificarne la compatibilità con il ns. ordinamento e la
fattibilità di essa. Una volta riformulata
nella forma definitiva, la proposta avanzata viene di nuovo sottoposta
agli
elettori evidenziando e motivando le eventuali modifiche effettuate.
Con il
secondo voto gli elettori approvano o rifiutano la proposta di legge
svincolati
dal parere di coloro che l’hanno formulata.
Ricapitolando,
le
due fasi del metodo democratico avvengono in luoghi e momenti diversi:
la
discussione e la votazione della proposta avvengono nella
società civile,
mentre il voto finale avviene nell’Unicivium dove la proposta
suddetta viene
tramutata in proposta di legge e presentata in parlamento tramite i
propri
parlamentari.
Senz’altro
vi
sarà la necessità di una sorta di lista delle
precedenze in base ai vari
Cahiers de Doléances provenienti dall’ esterno, ma
se gli elettori si
attengono allo spirito di solidarietà ed a
quello di eguaglianza come contrapposizione al privilegio, non
dovrebbero avere
difficoltà ad identificare l’ordine delle urgenze.
Non
ritengo sia
utile e profittevole partecipare a dibattiti televisivi di
attualità politica
per essere sottoposti ad un’infangata solitamente tollerata
dai conduttori
televisivi stessi, ai fini dell’audience, anche
perché l’Unicivium non
necessità di propaganda di questo genere.
I
talk show
attuali sono solo dei confronti di opposte fazioni che vengono seguiti
dai
relativi sostenitori e sembrano più che altro un tentativo
di sopraffazione di
una parte sull’altra.
Non
credo neanche
che la ricerca di dialogo sia la strada giusta perché, nel
caso dell’agone
politico, non c’è peggior sordo di chi non vuol
sentire. Posso, ad esempio,
dialogare con don Ciotti, con il quale, a causa del retroterra
culturale
diverso, non posso eventualmente concordare sui mezzi da utilizzare per
lo
stesso fine che ci poniamo e che ci unisce. Non posso purtroppo
dialogare con
una controparte che si pone fini diversi dai miei, posso solo esserle
di
esempio.
Mi
si consenta di
dire che per essere di esempio devo fare e devo agire seguendo la
seguente
massima: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.
L’Unicivium,
comunque, non sarà l’espressione
di “quel” o di
“quell’altro” movimento, ma
sarà l’espressione di migliaia di
elettori individuali ed individuabili, che si accordano su dei temi ,
come ad
esempio un più equo sistema di prelievo fiscale e una
più equa redistribuzione
del gettito medesimo all’insegna della solidarietà
e della giustizia sociali.
Il nuovo
metodo democratico e le differenze etnico-culturali.
Il
diritto delle
differenze culturali o etniche o democrazia delle differenze si
rifà sempre all’eguaglianza.
La differenza culturale, se non vuole rimanere tale, esprimendosi per
esempio come
gruppo etnico religioso, può operare con il nuovo metodo
democratico dell’Unicivium
e si ritroverà a dover accettare le regole
dell’ethos democratico. A questo
punto non è più differenza. Essa,
se non
vuole operare con questo metodo, rimane differenza, ma non
perché la democrazia
l’abbia respinta, ma perché essa, in quanto
differenza, non l’ha accettata. Se,
ad esempio, un gruppo etnico-religioso al suo interno vieta alla sua
componente
femminile la partecipazione alla cosa pubblica, perché la
ritiene non capace,
per sua natura questo gruppo non parteciperà ad un consesso
democratico dove la
componente femminile, non appartenente al proprio gruppo etnico
religioso,
potrebbe essere anche decisiva o preponderante. Oppure se
l’imam della seconda
moschea d’Italia emette una fathwa che vieta al credente di
votare per
l’esponente di un determinato partito, perché
omosessuale, ci troviamo di
fronte ad una differenza etnico-culturale alla quale l’ethos
democratico crea
dei problemi sia sotto l’aspetto della libertà
della scelta, sia per il diritto
di eguaglianza .
Il
diritto alla
differenza culturale, quindi, non è altro che la
disponibilità della democrazia
all’eguaglianza che non necessariamente verrà
accettata dalla differenza. In
altre parole le differenze culturali non sono un problema per la
democrazia, ma
l’ethos democratico può diventare un problema per
la differenza culturale.
L’ethos democratico, in quanto tutela del singolo,
è attuato anche nei
confronti delle differenze culturali ed i cittadini
nuovi arrivati avranno diritti e
doveri né più né meno dei cittadini
che li ospitano sul proprio territorio.
Rimane compito della democrazia rivolgersi egualmente alla differenza con le regole dell’ethos democratico, ma essa non può tollerare che all’interno del territorio, dove queste regole vigono, questa differenza vada contro queste ultime. Esiste necessariamente un concetto di territorialità della democrazia visto che, comunque sia, considerando l’aspetto procedurale del metodo democratico, si tratta di uno strumento di amministrazione di cosa pubblica esercitata in un determinato territorio.
Nell’
attuale momento storico non esistono ancora le
condizioni necessarie per
l’affermarsi
di una forma di democrazia globale che riguardi l’intero
pianeta, in quanto alla
territorialità della democrazia è contrapposta la
territorialità di paesi
pseudo democratici o non democratici nonché
l’illibertà globalizzata del
liberismo economico. La democrazia nel suo duplice insieme di ethos e
metodo
non è esportabile. Il mondo magrebino, per esempio, anche se
guarda con
interesse al nostro metodo democratico e cerca di utilizzarlo, ha
difficoltà ad
accettare l’ethos democratico che non è
conciliabile con la
sua cultura.
Ethos
democratico e multiculturalismo.
In
quanto alla
garanzia del diritto alla differenza[1],
la stessa non può divenire una concessione fatta dalla
maggioranza ad una
differenza culturale. La democrazia tutela il singolo, anche quello
appartenente alla differenza, ma non può elargire diritti
collettivi dei quali
la maggioranza non può usufruire. Se la democrazia tutela la
donna in quanto
genere, tutela anche la donna appartenente alla differenza, e non
può, ad
esempio, elargire un diritto di praticare l’infibulazione
alla stessa differenza.
I
diritti dei
gruppi minoritari sono tutelati poiché sono tutelati i
diritti dei singoli,
siano questi appartenenti alla maggioranza o alla minoranza. La
differenza o
gruppo minoritario deve spiegare e chiarire come i diritti che richiede
possano conciliarsi
e non contrapporsi ai
diritti di tutti senza trasformarsi in privilegi e come questi possano
essere
introdotti nell’ordinamento democratico vigente sul
territorio.
Alcuni
ritengono
di poter attribuire ad H. Kelsen
l’assunto che l’essenza della
democrazia non sia il principio di
maggioranza, bensì la garanzia dei diritti fondamentali,
ossia dei diritti
umani costituzionalizzati. Sarebbe come dire che l’essenza
della democrazia sia
l’ethos e non il metodo democratico, mentre in
realtà le due cose sono
inscindibili. Senza il metodo, senza la procedura, non si possono
stabilire i
diritti fondamentali. In effetti la democrazia è nata dalla
procedura
democratica ed ha sviluppato nei secoli l’etica democratica
sotto forma di
diritti trascritti nella Costituzione. I
recenti dibattiti sul multiculturalismo[2]
prospettano il superamento del principio di maggioranza
una volta riconosciuto un pluralismo
culturale. Da qui ne dovrebbe conseguire
un pluralismo normativo, ossia un trattamento giuridico
differenziato a
tutela della molteplicità culturale. A dimostrazione delle
varie norme emanate
finora in merito, viene citata, per esempio, quella relativa
all’integrazione
scolastica dei figli degli immigrati contenuta
nel decreto “Turco-Napolitano”. Non
mi sembra trattarsi, comunque, di “un
trattamento giuridico differenziato a
tutela della molteplicità culturale”,
ma piuttosto di una
norma atta alla facilitazione dell’ambientamento
e, quindi, all’adattamento dei nuovi cittadini al nostro
sistema sociale, norma
che cerca così di prevenire un pluralismo normativo. Altre
norme ancora saranno da emanare
per
facilitare l’ambientamento dei nuovi cittadini, ma sembra
eccessivo considerare
la nostra società come multiculturale e prevedere, di
conseguenza, un
pluralismo normativo.
Non
ci troviamo
di fronte a diversi gruppi etnici che hanno deciso di vivere insieme
nell’ambito di un singolo territorio, ma di relativamente
piccole comunità
etniche, diverse tra loro, immesse
in un
territorio già occupato da tempo sostanzialmente da un unico
gruppo avente proprie
regole morali e di convivenza, cioè politiche,
già acquisite ed in continuo aggiornamento.
L’esigenza strenua di voler concedere
libertà di coscienza, di pensiero e di religione al punto
tale da modificare le
nostre costituzioni mi sembra prematura. L’Islam,
ad esempio, a differenza del
Cristianesimo, non è solo una religione, ma anche una
tecnica di governo della
Umma, cioè della comunità dei fedeli, con regole
e leggi proprie, dettagliate e
accurate, non piegabili all’ethos democratico,
perché leggi già date, non
scaturite da un consesso di uomini e dove, di conseguenza, il metodo
democratico è superfluo. L’Islam, infatti, non
necessita della democrazia per
la sua sopravvivenza, in quanto ha già da secoli tutte le
sue leggi che servono
per regolamentare la propria società, leggi che vengono di
volta in volta
attualizzate dagli Ulema.
Accogliamo
questi
nuovi cittadini sul nostro territorio in quanto uomini e donne, anche
se non
concordiamo con la loro cultura e la loro religione. Essi
devono godere degli stessi diritti che
abbiamo previsto per noi stessi e devono sottostare ai doveri che
abbiamo
previsto per noi, ai fini della convivenza nella nostra
società.
L’applicazione del
nuovo metodo democratico
dell’Unicivium garantisce maggiormente i diritti
fondamentali, quelli
costituzionalizzati; tale garanzia rimane
l’unica via per la buona convivenza.
Non
voglio
inoltrarmi oltre in questo ambito in merito al multiculturalismo[3]
anche perché strettamente collegato alle tematiche del
lavoro e, quindi,
fertile terreno per temi di approfondimento sullo sfruttamento, sullo
schiavismo, sul lavoro nero e sul lavoro minorile che non riguardano in
modo
esclusivo le differenze etnico-culturali, bensì tutti i
cittadini.
Prima
ancora che
di un problema multiculturale, quindi, si tratta di un problema di
democrazia
rispetto al singolo, sia questi un cittadino
o un immigrato, di
una manchevolezza
dell’attuale metodo democratico che non permette
l’eliminazione di iniquità ed
ingiustizia all’interno del mondo del lavoro. Per rendere maggiormente
l’idea è come se
avessimo ingigantito l’ingiustizia sociale
dell’antica Atene in modo smisurato,
permettendo privilegi solo ad una ristretta cerchia che si
può paragonare al
20% della popolazione italiana odierna.
Formalmente oggi tutti gli stati si dichiarano democratici, ma nella
realtà,
con l’attuale metodo democratico rappresentativo, hanno
ricreato, in dimensioni
diverse, le stesse condizioni dell’antica
Atene. Il nuovo
metodo democratico dell’Unicivium tutela
per sua natura le minoranze, in quanto tutela gli individui
appartenenti a
queste, così come tutela gli individui appartenenti alla
maggioranza, tramite
l’ethos democratico, ma non può concedere
ineguaglianze e privilegi.
torna sù
[1]
Maria Dicosola – Janus
n.1-2009 - F.
Palermo-J.Woelk – Diritto Costituzionale comparato dei gruppi
e delle
minoranze- Cedam,Padova, 2008
[2] Gustavo Gozzi –
Democrazia e diritti nelle società
multiculturali:verso una “democrazia costituzionale
culturale”, 2008
[3] Giuseppe Acocella –
Contro ogni discriminazione - Il
valore delle differenze e l’azione sindacale- Studiare il cambiamento-Intervento
al seminario USR CISL
TOSCANA 2007