Dalla Teoria alla Pratica


Mi rendo conto, che la fondazione e l’organizzazione di un movimento o associazione politica, in merito al metodo democratico da utilizzare, comporta delle difficoltà anche dovute alla capacità di comprensione oltre che alla volontà di rimettersi ad un’idea generale.

Ci vuole in contemporanea la presentazione della forma associazione, il vincolamento della stessa ad  uno statuto già redatto, che fin dall’inizio stabilisca la carta del come, che stabilisca un modello di democrazia interna intorno al quale aggregare le persone. Non è possibile stilare una bozza di statuto e lasciarlo soggetto ad approvazione e modifica da parte dei sottoscrittori senza prendere poi in considerazione le loro richieste.

Sono dell’avviso, che le regole democratiche interne siano le prime che debbano essere stabilite e fissate e non siano soggette a modifiche da parte degli iscritti, se non per voto di maggioranza dei tre quarti dei votanti iscritti.

Ci si deve aggregare intorno a questo modello, sulla falsariga del partito, istituzione stupidamente tanto vituperata quanto osteggiata quando invece è secondo me l’unica valida fin quando abbiamo le vigenti regole del gioco di rappresentanza democratica stabilite dalla Costituzione.

Un nuovo modello di partecipazione democratica stabilito e fissato in uno statuto di una nuova associazione politica è di per sé motivo di interesse e di aggregazione e ciò viene sottovalutato. Purtroppo viene anche sottovalutato, che gran parte della popolazione non comprende né il contenuto né la portata di una proposta del genere visto che agli speechwriters dei leader politici viene richiesto di scrivere discorsi considerando i destinatari mentalmente degli adolescenti tra gli undici ed i quattordici anni. Con grande rammarico devo concordare, ed anche per questo insisto nell’inserire nei programmi fondamentali l’istruzione.




 L’Unicivium come polo di aggregazione con propri scopi.

 

In concreto si tratta di costruire delle associazioni politiche partendo dal basso, tramite cittadini che si accordano su pochi e precisi scopi condivisibili. Identificati gli scopi, questi cittadini fondano  associazioni sul modello  Unicivium e vi si iscrivono,  via web, rendendo pubblica la propria identità. Questa iscrizione dà loro diritto a proporre e ad eleggere , sempre via web che certifica il loro voto, gli organismi all’interno dell’associazione, cioè i gruppi di studio,  a proporre e a candidare alle elezioni i parlamentari seguendo prefissati criteri. Questo operare via web permette da un lato di superare l’aspetto locale della democrazia diretta, in quanto gli scritti possono risiedere in qualsiasi località d’Italia,  e in secondo luogo consente il non venir meno dell’agire personale. Viene eliminata la delega in tutti gli ambiti, eccetto la delega al parlamentare che, però, è condizionata dal vincolo del mandato imperativo. I gruppi di studio  operano via web e, quindi, non hanno necessità di riunirsi fisicamente; i loro componenti possono operare da dove meglio credono.  

L’associazione non deve avere la struttura di un partito pigliatutto; formalmente deve mantenerne le apparenze per rientrare nei regolamenti dello stato, ma in realtà deve essere solamente uno strumento a disposizione degli iscritti e della società civile, ad essa dedicato e con pochi scopi propri, condivisi dai partecipanti.

L’associazione politica dovrà nascere intorno a questi pochi scopi fondamentali con i relativi gruppi di studio permanenti. I temi e le proposte, sviluppati da questi ultimi  su richiesta degli elettori, saranno  successivamente  sottoposti alla valutazione  e al voto degli elettori stessi prima di essere inoltrati in parlamento tramite i propri parlamentari eletti. Per sua natura l’Unicivium non accetta al suo interno dibattiti e discussioni, ma solamente voti a favore o voti contrari. Questo presuppone che una proposta di un elettore sia già stata discussa altrove e poi proposta all’Unicivium,  all’interno della quale vi è solamente la possibilità di votare a favore o contro tale  proposta.  Le proposte possono essere poste anche dai gruppi di studio che  hanno una visione più completa del settore specifico da loro seguito, ma anche in questo caso la proposta formulata deve essere sottoposta al voto degli elettori e non può essere indirizzata ai parlamentari senza il loro consenso.

 

Gli elettori/associati/iscritti, perciò, sono soggetti ad una autolimitazione che è essenziale e non di poco conto: essi si limitano ad approvare o a respingere via web una proposta di legge, presentata all’Universitas, senza dibattito  interno, perché questo  potrebbe portare a spaccature , a divisioni interne. Non è previsto un forum sul sito dell’Unicivium in quanto lo stesso sito non sarà un social network, ma uno strumento decisionale. L’Unicivium non sarà un sito di consultazione popolare, ma un sito di decisione democratica.

Comunemente non si è molto avvezzi all’utilizzo della democrazia intesa semplicemente come un modo per amministrare una cosa pubblica. Democrazia non è sinonimo di libertà, le due cose sono complementari e sinergiche, ma non identiche. Ci si riunisce, si discute, si  vota ed il 50% più un voto ha ragione sugli altri che, a loro volta, non mettono il broncio, non fanno scissioni, spaccature, correnti e non si sentono emarginati, perché senza la minoranza non vi è maggioranza, ma solo massificazione e conformismo.

Orbene, queste problematiche vengono stemperate sin dall’inizio lasciando la discussione al di fuori dell’associazione, anche se il primo voto di accettazione  della proposta da parte dell’Unicivium in qualche modo è da considerare una delibera.


 

L’Unicivium come strumento a disposizione della società civile.

 

L’Universitas Civium in può raccogliere, tramite i suoi elettori, le istanze della società civile, della rete e dei vari movimenti, ma solo come individui, non in quanto movimenti o aggregazioni perché l’impegno politico dell’elettore deve essere personale e non anonimo.

L’elettore porta all’interno dell’Unicivium una proposta di un movimento, sottoponendola agli altri elettori, lasciando così fuori dall’Unicivium il movimento, i suoi capi, le sue campagne e così via.

A voto palese gli elettori decidono se accettare o rifiutare la proposta e, in caso di accettazione, se demandarla al gruppo di studio competente per elaborarla in modo adeguato.

Ovviamente nulla vieta ad un militante o a un dirigente di un movimento di essere elettore dell’Unicivium, ma è anche ovvio che il peso della sua parola e del suo voto sarà eguale a quello degli altri elettori.

Di per sé l’Unicivium non “movimenta” nulla, è unicamente quel nuovo raccordo tra società civile e pubblica amministrazione che oggi è gestito dai partiti, dai relativi capi ed oligarchi.

 

Chi “movimenta” sono i singoli elettori, esposti personalmente, che delegano, previa “filtrazione,” i parlamentari a fare ciò che hanno deciso sia da fare. Finite le campagne elettorali, niente fango sui delegati che saranno degli illustri sconosciuti, nessun bisogno di dover andare alle trasmissioni di attualità politica e nessun bisogno di doversi confrontare con giornalisti, opinionisti, economisti  di parte.  Che se la cavino i movimenti, se ne sentono il dovere.

 

L’Unicivium si propone quindi come una Dachorganisation, un’organizzazione ombrello, un’organizzazione che raccoglie le istanze dei movimenti senza fare proprie le lotte ed i fini degli stessi.

Gli acquaioli, i nuclearisti e le snoqies non avranno necessità di fare intese tra loro se non quella di utilizzare la nuova aggregazione. O la utilizzano o non la utilizzano.  Devono, quindi, intendersi con l’associazione. Si tratta di un organismo/associazione, al di fuori e al di sopra dei movimenti, costituito/a da cittadini, che può raccogliere le istanze dei movimenti e della società civile, le può trasformare in proposte di legge ed inoltrarle ai propri rappresentanti in parlamento.

L’associazione opera un convogliamento delle frammentazioni già esistenti,  cioè dei vari movimenti portatori di temi specifici, che non si sentono rappresentati dai partiti, che si adontano parecchio quando da questi vengono strumentalizzati ed esautorati, ma che non vogliono organizzarsi in forma di partito.

La frammentazione/movimento verrà incanalata proprio dal meccanismo che è l’organizzazione ombrello. Alla base di questo meccanismo sta il nuovo metodo democratico   che indica la procedura per realizzare  la democrazia,  non il merito che, invece, riguarda il cosa realizzare . L’Unicivium non ha nulla da dire agli acquaioli, ai nuclearisti e neanche alle snoqies. Vuole dare loro solamente la possibilità di vociare in parlamento e non per strada e nelle piazze.

Il dibattito deve avvenire nella società civile, nella rete, nelle varie associazioni, come ad esempio quelle dei precari. Una volta dibattuta  una proposta per il miglioramento della propria condizione, essi  la presentino tramite una singola persona, in quanto elettore certificato dell’Unicivium, e non in quanto  associazione o movimento. Sia poi il singolo elettore colui che presenta all’Unicivium una proposta della società civile e sia poi il GDS incaricato che, in seguito ad un voto di accettazione degli iscritti all’associazione , la porti avanti con il  dovuto iter.

 

In pratica all’interno dell’Unicivium non vi è un vero e proprio dibattito con conseguente votazione.  L’iter è il seguente: viene presentata una proposta di legge, già votata da una componente della società civile, che all’interno dell’Universitas civium viene accettata o respinta. Se gli Universali la accettano, viene dato l’incarico al GDS competente di verificarne la compatibilità con il ns. ordinamento  e la fattibilità di essa. Una volta riformulata nella forma definitiva, la proposta avanzata viene di nuovo sottoposta agli elettori evidenziando e motivando le eventuali modifiche effettuate. Con il secondo voto gli elettori approvano o rifiutano la proposta di legge svincolati dal parere di coloro che l’hanno formulata.

 

Ricapitolando, le due fasi del metodo democratico avvengono in luoghi e momenti diversi: la discussione e la votazione della proposta avvengono nella società civile, mentre il voto finale avviene nell’Unicivium dove la proposta suddetta viene tramutata in proposta di legge e presentata in parlamento tramite i propri parlamentari.

Senz’altro vi sarà la necessità di una sorta di lista delle precedenze in base ai vari Cahiers de Doléances provenienti dall’ esterno, ma se gli elettori  si attengono allo spirito di solidarietà ed a quello di eguaglianza come contrapposizione al privilegio, non dovrebbero avere difficoltà ad identificare l’ordine delle urgenze.

Non ritengo sia utile e profittevole partecipare a dibattiti televisivi di attualità politica per essere sottoposti ad un’infangata solitamente tollerata dai conduttori televisivi stessi, ai fini dell’audience, anche perché l’Unicivium non necessità di propaganda di questo genere.

I talk show attuali sono solo dei confronti di opposte fazioni che vengono seguiti dai relativi sostenitori e sembrano più che altro un tentativo di sopraffazione di una parte sull’altra.

Non credo neanche che la ricerca di dialogo sia la strada giusta perché, nel caso dell’agone politico, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Posso, ad esempio, dialogare con don Ciotti, con il quale, a causa del retroterra culturale diverso, non posso eventualmente concordare sui mezzi da utilizzare per lo stesso fine che ci poniamo e che ci unisce. Non posso purtroppo dialogare con una controparte che si pone fini diversi dai miei, posso solo esserle di esempio.

Mi si consenta di dire che per essere di esempio devo fare e devo agire seguendo la seguente massima: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.

 L’Unicivium, comunque, non sarà l’espressione di “quel” o di “quell’altro” movimento, ma sarà l’espressione di migliaia di elettori individuali ed individuabili, che si accordano su dei temi , come ad esempio un più equo sistema di prelievo fiscale e una più equa redistribuzione del gettito medesimo all’insegna della solidarietà e della giustizia sociali.


Il nuovo metodo democratico e le differenze etnico-culturali.

 

Il diritto delle differenze culturali o etniche o democrazia delle differenze si rifà sempre all’eguaglianza. La differenza culturale, se non vuole rimanere tale, esprimendosi per esempio come gruppo etnico religioso, può operare con il nuovo metodo democratico dell’Unicivium e si ritroverà a dover accettare le regole dell’ethos democratico. A questo punto non è più differenza.  Essa, se non vuole operare con questo metodo, rimane differenza, ma non perché la democrazia l’abbia respinta, ma perché essa, in quanto differenza, non l’ha accettata. Se, ad esempio, un gruppo etnico-religioso al suo interno vieta alla sua componente femminile la partecipazione alla cosa pubblica, perché la ritiene non capace, per sua natura questo gruppo non parteciperà ad un consesso democratico dove la componente femminile, non appartenente al proprio gruppo etnico religioso, potrebbe essere anche decisiva o preponderante. Oppure se l’imam della seconda moschea d’Italia emette una fathwa che vieta al credente di votare per l’esponente di un determinato partito, perché omosessuale, ci troviamo di fronte ad una differenza etnico-culturale alla quale l’ethos democratico crea dei problemi sia sotto l’aspetto della libertà della scelta, sia per il diritto di  eguaglianza .

Il diritto alla differenza culturale, quindi, non è altro che la disponibilità della democrazia all’eguaglianza che non necessariamente verrà accettata dalla differenza. In altre parole le differenze culturali non sono un problema per la democrazia, ma l’ethos democratico può diventare un problema per la differenza culturale. L’ethos democratico, in quanto tutela del singolo, è attuato anche nei confronti delle differenze culturali ed i  cittadini nuovi arrivati avranno diritti e doveri né più né meno dei cittadini che li ospitano sul proprio territorio.

  Rimane compito della democrazia rivolgersi egualmente alla differenza con le regole dell’ethos democratico, ma  essa non può tollerare che all’interno del territorio, dove queste regole vigono, questa differenza vada contro queste ultime. Esiste necessariamente un concetto di territorialità della democrazia visto che, comunque sia, considerando l’aspetto procedurale del metodo democratico, si tratta di uno strumento di amministrazione di cosa pubblica esercitata in un determinato territorio. 

Nell’ attuale momento storico non esistono ancora le condizioni necessarie  per l’affermarsi di una forma di democrazia globale che riguardi l’intero pianeta, in quanto alla territorialità della democrazia è contrapposta la territorialità di paesi pseudo democratici o non democratici nonché l’illibertà globalizzata del liberismo economico. La democrazia nel suo duplice insieme di ethos e metodo non è esportabile. Il mondo magrebino, per esempio, anche se guarda con interesse al nostro metodo democratico e cerca di utilizzarlo, ha difficoltà ad accettare l’ethos democratico che non è conciliabile con la sua cultura.


 

Ethos democratico e multiculturalismo.

 

In quanto alla garanzia del diritto alla differenza[1], la stessa non può divenire una concessione fatta dalla maggioranza ad una differenza culturale. La democrazia tutela il singolo, anche quello appartenente alla differenza, ma non può elargire diritti collettivi dei quali la maggioranza non può usufruire. Se la democrazia tutela la donna in quanto genere, tutela anche la donna appartenente alla differenza, e non può, ad esempio, elargire un diritto di praticare  l’infibulazione alla stessa differenza.

I diritti dei gruppi minoritari sono tutelati poiché sono tutelati i diritti dei singoli, siano questi appartenenti alla maggioranza o alla minoranza. La differenza o gruppo minoritario deve spiegare e chiarire come i diritti che richiede  possano conciliarsi e non contrapporsi ai diritti di tutti senza trasformarsi in privilegi e come questi possano essere introdotti nell’ordinamento democratico vigente sul territorio.

Alcuni ritengono di poter attribuire ad H. Kelsen  l’assunto che l’essenza della democrazia non sia il principio di maggioranza, bensì la garanzia dei diritti fondamentali, ossia dei diritti umani costituzionalizzati. Sarebbe come dire che l’essenza della democrazia sia l’ethos e non il metodo democratico, mentre in realtà le due cose sono inscindibili. Senza il metodo, senza la procedura, non si possono stabilire i diritti fondamentali. In effetti la democrazia è nata dalla procedura democratica ed ha sviluppato nei secoli l’etica democratica sotto forma di diritti trascritti nella Costituzione.  I recenti dibattiti sul multiculturalismo[2] prospettano il superamento del principio di maggioranza  una volta riconosciuto un pluralismo culturale. Da qui ne dovrebbe conseguire  un pluralismo normativo, ossia un trattamento giuridico differenziato a tutela della molteplicità culturale. A dimostrazione delle varie norme emanate finora in merito, viene citata, per esempio, quella relativa all’integrazione scolastica dei figli degli immigrati contenuta  nel decreto “Turco-Napolitano”.  Non mi sembra trattarsi, comunque, di “un trattamento giuridico differenziato a  tutela della molteplicità culturale”, ma piuttosto di  una norma atta alla facilitazione dell’ambientamento e, quindi, all’adattamento dei nuovi cittadini al nostro sistema sociale, norma che cerca così di prevenire un pluralismo normativo. Altre norme ancora saranno da  emanare per facilitare l’ambientamento dei nuovi cittadini, ma sembra eccessivo considerare la nostra società come multiculturale e prevedere, di conseguenza, un pluralismo normativo.

Non ci troviamo di fronte a diversi gruppi etnici che hanno deciso di vivere insieme nell’ambito di un singolo territorio, ma di relativamente piccole comunità etniche, diverse tra loro,  immesse in un territorio già occupato da tempo sostanzialmente da un unico gruppo avente  proprie regole morali e di convivenza, cioè politiche, già acquisite ed in continuo aggiornamento. L’esigenza strenua di voler concedere libertà di coscienza, di pensiero e di religione al punto tale da modificare le nostre costituzioni mi sembra prematura.  L’Islam, ad esempio, a differenza del Cristianesimo, non è solo una religione, ma anche una tecnica di governo della Umma, cioè della comunità dei fedeli, con regole e leggi proprie, dettagliate e accurate, non piegabili all’ethos democratico, perché leggi già date, non scaturite da un consesso di uomini e dove, di conseguenza, il metodo democratico è superfluo. L’Islam, infatti, non necessita della democrazia per la sua sopravvivenza, in quanto ha già da secoli tutte le sue leggi che servono per regolamentare la propria società, leggi che vengono di volta in volta attualizzate dagli Ulema.

Accogliamo questi nuovi cittadini sul nostro territorio in quanto uomini e donne, anche se non concordiamo con la loro cultura e la loro religione.  Essi devono godere degli stessi diritti che abbiamo previsto per noi stessi e devono sottostare ai doveri che abbiamo previsto per noi, ai fini della convivenza nella nostra società.

 L’applicazione del nuovo metodo democratico dell’Unicivium garantisce maggiormente i  diritti fondamentali, quelli costituzionalizzati; tale garanzia  rimane l’unica via per la buona convivenza.

Non voglio inoltrarmi oltre in questo ambito in merito al multiculturalismo[3] anche perché strettamente collegato alle tematiche del lavoro e, quindi, fertile terreno per temi di approfondimento sullo sfruttamento, sullo schiavismo, sul lavoro nero e sul lavoro minorile che non riguardano in modo esclusivo le differenze etnico-culturali, bensì tutti i cittadini.

Prima ancora che di un problema multiculturale, quindi, si tratta di un problema di democrazia rispetto al singolo, sia questi un  cittadino  o un immigrato, di una manchevolezza dell’attuale metodo democratico che non permette l’eliminazione di iniquità ed ingiustizia all’interno del mondo del lavoro.  Per rendere maggiormente l’idea è come se avessimo ingigantito l’ingiustizia sociale dell’antica Atene in modo smisurato, permettendo privilegi solo ad una ristretta cerchia che si può paragonare  al 20% della popolazione italiana odierna. Formalmente oggi tutti gli stati si dichiarano democratici, ma nella realtà, con l’attuale metodo democratico rappresentativo, hanno ricreato, in dimensioni diverse, le stesse condizioni  dell’antica Atene.  Il nuovo metodo democratico dell’Unicivium tutela per sua natura le minoranze, in quanto tutela gli individui appartenenti a queste, così come tutela gli individui appartenenti alla maggioranza, tramite l’ethos democratico, ma non può concedere ineguaglianze e privilegi.


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[1] Maria Dicosola – Janus n.1-2009 -  F. Palermo-J.Woelk – Diritto Costituzionale comparato dei gruppi e delle minoranze- Cedam,Padova, 2008

[2] Gustavo Gozzi – Democrazia e diritti nelle società multiculturali:verso una “democrazia costituzionale culturale”, 2008

[3] Giuseppe Acocella – Contro ogni discriminazione - Il valore delle differenze e l’azione sindacale- Studiare il   cambiamento-Intervento al seminario USR CISL TOSCANA 2007