Gli elettori deleganti



La légalité nous tue.

 

...Ma con questa efficace utilizzazione del suffragio universale era entrato in azione il nuovo metodo di lotta del proletariato che andò sviluppandosi rapidamente: si trovò che le istituzioni dello stato, in cui si organizza il dominio della borghesia, offrono ancora altri appigli a mezzo dei quali la classe operaia può combattere queste stesse istituzioni statali. Si partecipò alle elezioni delle differenti Diete (parlamenti degli stati singoli dell’impero) , dei consigli comunali, dei probiviri; si contese alla borghesia ogni posto alla conquista del quale potesse partecipare una parte sufficiente del proletariato. E così accadde che la borghesia ed il governo arrivarono a temere molto più l’azione legale che l’azione illegale del partito operaio, più le vittorie elettorali che quelle della ribellione.

……………

L’ironia della storia capovolge ogni cosa. Noi, i ”rivoluzionari”, i “sovversivi”, prosperiamo meglio con i mezzi legali che coi mezzi illegali, che con la sommossa. I partiti dell’ordine com’essi si chiamano, trovano la loro rovina nell’ordinamento legale che essi stessi hanno creato. Essi gridano disperatamente con Odilon Barrot: la légalité nous tue, mentre noi in questa legalità ci facciamo i muscoli forti e le guance fiorenti, e prosperiamo ch’è un piacere. E se non commetteremo noi la pazzia di lasciarci trascinare alla lotta di strada per far loro piacere, alla fine non rimarrà loro altro che spezzare essi stessi questa legalità divenuta loro così fatale.

 

Tratto dall’introduzione di Friedrich Engels alla prima ristampa di “Le lotte di classe in Francia” di Karl Marx. Ed. Riuniti, 1970, pag. 71, pag 81.

 

Usciamo ora  dal merito di questo scritto vecchio di 120 anni, lasciamo da parte eventuali polemiche ed elucubrazioni ideologiche che non ci interessano, per inoltraci nelle considerazioni sul metodo di lotta applicato.

 

È semplicemente il metodo delle elezioni politiche che, allora, con l’introduzione del suffragio universale, permise ad una buona parte della popolazione lavoratrice, di partecipare all’amministrazione della cosa pubblica. La stessa borghesia aveva messo a disposizione degli strumenti per fare ciò. A distanza di anni, ora che il suffragio universale è una realtà, si può prendere in considerazione l’ultimo strumento messo a disposizione dalla Costituzione Italiana che  stabilisce per i cittadini il diritto di costituire associazioni politiche per partecipare con metodo democratico alla formazione della politica del paese.

 

Sotto questo punto di vista

  dalla costituzione francese del 1830 ad oggi non è cambiato molto, soprattutto sono rimaste quelle imposizioni che sono il divieto di vincolo di mandato e l’impossibilità di revocare il rappresentante eletto. Questi, anche allora impercettibili, ostacoli originari posti dalla borghesia francese, permisero comunque la costruzione di un potente partito socialista sia in Germania che in Italia. Detti vincoli, purtroppo,  furono inseriti ugualmente, coscientemente,  nella Costituzione Italiana del 1948.

 

 Come 120 anni fa la classe operaia utilizzò lo strumento borghese, quale era il suffragio universale,  così oggi i cittadini che vogliono farsi promotori attivi di cambiamento possono utilizzare uno strumento previsto dalla Costituzione, l’articolo 49 della stessa, per creare associazioni-partiti con un nuovo metodo democratico.

 

I rapporti con i rappresentanti politici,  chiamati semplicemente “ i politici,” devono mutare. Non ci troviamo più in una realtà ottocentesca dove si vota per colui che promette di procurare dei vantaggi in cambio di una rendita parlamentare garantita. Oggi abbiamo la conoscenza ed i mezzi tecnologici per dare disposizioni a persone, da noi scelte,  di eseguire un compito in nostre veci (vincolo di mandato), perché anche se fossimo solo in 867.324, fisicamente parlando non ci staremmo in Parlamento. Perché mai, santa miseria, devo attendermi che qualcuno cerchi di capire di cosa necessito io, spendere soldi miei, tramite il rimborso elettorale, per convincermi della bontà delle sue scelte per poi, una volta eletto, essere svincolato dalle sue promesse elettorali?

Ridicolo, vetusto, out of time.

 

Si riparte dal basso, formando nuove associazioni politiche, utilizzando comunque le istituzioni presenti sul territorio nazionale e le sue leggi,  ad iniziare dalla Costituzione, ed in specifico dall’articolo 49.

 

Il rapporto democratico  all’interno di un partito dovrebbe  ispirarsi anche al seguente  motto:

 

Il sistema è tanto più democratico quanto più estesa è l’applicazione del principio elettivo o, in altre parole, quanto più numerose (ed importanti) sono le posizioni di potere assegnate attraverso il procedimento dell’elezione.

            K. Marx.

 

 Occorre seguire questa massima acquisendo  la  consapevolezza di incaricare direttamente, per via elettiva e non nominativa, una persona ( l’eletto) a svolgere un importante ed essenziale compito per noi, all’interno della pubblica amministrazione. Occorre prendere coscienza del fatto che questa persona  deve essere inviata in parlamento o in altri organi amministrativi non  in base ad  una sua promessa, bensì in base ad un vincolo che la obbliga a fare quanto è stato stabilito che venga fatto : il vincolo di mandato.

 

Dato il divieto da parte della Costituzione di imporre un mandato imperativo vi sono da utilizzare delle vie alternative e degli accorgimenti per garantire all’associazione politica (partito) la fedeltà al mandato, iniziando dalla scelta del candidato, da uno screening della sua vita privata e da altro ancora.

 

 Così facendo  diventeranno superflue le campagne elettorali: i futuri rappresentanti politici non necessiteranno più di fare la questua dei voti poiché il loro incarico a parlamentare verrà stabilito dai componenti dell’associazione politica. Sarà l’associazione politica che potrà proporli in rete, rivelandone i pregi, le attitudini, le competenze, il reddito e la fedina penale, come candidati nelle liste elettorali per  inviarli al parlamento, mentre questi avranno l’obbligo di starsene  tranquilli, senza rilasciare interviste, né fare comizi. Tale obbligo al fine di metterli in condizione di non essere rieletti in caso di transito in altri partiti, non essendo conosciuti da altro elettorato se non da quello dell’associazione che li ha proposti e che non li ricandiderebbe più in caso di non rispetto del mandato ricevuto.

 

 A rilasciare interviste possono essere eventualmente dei rappresentanti  dell’associazione politica, eletti alla bisogna dai componenti, senza potere alcuno, vincolati nel tempo al periodo elettorale.  Sono sufficienti due o tre persone  colte, preparate, con capacità dialettica,  scaltre, che promuovano l’associazione politica all’interno dei mass-media, giusto il  tempo del periodo della campagna elettorale. Terminato il loro compito non avranno comunque mai accesso alla carica dei due organi del partito, gruppi di studio e parlamentare, per il motivo sopra esposto, cioè  a causa della notorietà acquisita.

I candidati, dunque,  saranno prima scelti dagli elettori dell’associazione con voto palese, via web, mediante firma certificata, che in seguito li immetterà   nelle proprie liste elettorali  perché siano votati durante le elezioni ufficiali.

 

In questo modo viene evitata l’infiltrazione all’interno dell’associazione di elementi indesiderabili e non controllabili.  Per i parlamentari dell’associazione, una volta eletti, diventa meno possibile  il transfughismo in quanto  essi non hanno a disposizione un pacchetto di voti da offrire come controparte. Se lasciano il partito-associazione essi perdono tutti i voti ricevuti, perché non li hanno acquisiti con una campagna elettorale, non li hanno carpiti con una questua in occasione di questa.

 

Il rapporto con il parlamentare è così rovesciato. Il parlamentare diventa espressione della volontà dei cittadini ed è a loro legato, tramite il vincolo del mandato, per quanto riguarda gli specifici interessi, o meglio gli obiettivi politici, indicati dall’associazione politica che lo ha eletto. Al di fuori di questi obiettivi specifici il parlamentare ha libertà, ma solo all’interno del parlamento, di agire secondo la propria coscienza in merito a questioni non prese in considerazione dall’associazione.

Il parlamentare eletto diviene così un incaricato tecnico al fine di raggiungere determinati scopi prefissati dall’associazione. Dovessero esserci delle incompatibilità di vedute su argomenti non inerenti agli scopi prefissati, l’associazione non procede nei confronti del parlamentare, ma può solo rendere noto al parlamentare la posizione dell’associazione-partito.

 

L’indirizzo “politico” è dato dall’elettore, nel rispetto degli scopi dell’associazione di cui egli fa parte, dopo aver consultato gli specifici gruppi di studio. I gruppi di studio del’associazione-partito, anch’essi formati da persone elette e revocabili,  informano l’ elettore facilitandolo nella decisione da prendere.

 Niente più capi, sottocapi, probiviri, commissioni politiche, nomine, e quant’altro nell’associazione-partito improntata da un nuovo metodo democratico.

Certo, non è per niente facile il  capovolgimento di un rapporto che sottintende la partecipazione attiva dei cittadini , ma non fare ciò vuol dire continuare come finora con i risultati che noi tutti conosciamo. Modificando questo rapporto, né il cittadino né il parlamentare si possono sottrarre alla responsabilità che comporta il partecipare all’amministrazione della cosa pubblica.

 

 

L’elettore Unicivium

 

Gli elettori delle Unicivia sono elettori particolari: sono elettori web-certificati. Essi, per votare questioni riguardanti l’Unicivium, possono servirsi solo della rete con firma certificata e con altri sistemi di riconoscimento ed autenticazione disponibili. Essi devono iscriversi all’Universitas civium, cioè dare le loro complete generalità ed avere una pass-word. Questo a garanzia che nessuno possa esprimere un voto, una proposta, una candidatura o una revoca in modo anonimo, asserendo di essere altri da sé.

La certificazione dell’identità del votante permette anche, in attesa della conquista della revoca del mandato da parte dei cittadini tutti, di escludere, se lo si ritiene opportuno, qualsiasi persona appartenente all’Unicivium, dal delegante al componente dei GDS, al parlamentare. Per gravi motivi e ragioni da definire può essere loro negato l’accesso all’Unicivium ed ai diritti derivanti dall’appartenenza ad essa. In altre parole, la firma o identità certificata permette anche la realizzazione di quel meccanismo di controllo messo in atto nell’antica democrazia ateniese: l’ostracismo.

 

Il voto di questo tipo è dunque palese e questo palesamento serve per avere diritto a:

 

  • - proporre ed eleggere candidati al parlamento e revocarli, se necessario,
  • - proporre iniziative ai gruppi di studio,
  • - proporre ed eleggere i componenti dei gruppi di studio e revocarli,
  • - proporre ed eleggere pubblici rappresentanti dell’Unicivium con cariche temporanee,
  • - votare proposte di legge avanzate dagli elettori web o dai gruppi di studio, di cui i parlamentari si      farebbero latori in parlamento.

   

 

Il voto via web a livello nazionale sarà diretto e non filtrato da Unicivia locali, dato che un efficiente sistema web può gestire i dati identificativi di milioni di elettori. Se invece non fosse gestibile, ogni Universitas civium locale dovrebbe inviare all’Unicivium Nazionale i risultati dei voti, naturalmente dopo aver accertato l’identità di ogni singolo votante tramite il controllo della firma certificata.

Per quanto riguarda i quesiti referendari interni, la somma dei voti delle singole Unicivia determinerebbe la validità delle votazioni.

 

Gli elettori delegano, con mandato vincolante, il parlamentare tramite il voto via web con il sistema della firma certificata.

Insieme al voto vengono trasferiti all’ Unicivium i dati degli elettori deleganti per accertarne l’appartenenza ed il diritto di voto, di revoca o di proposta.

Il GDS preposto alle questioni elettorali, a questo punto, verifica le caratteristiche dei candidati mettendosi in contatto con loro, verifica la loro disponibilità e propone agli elettori le liste elettorali definitive che devono essere da questi approvate.

 

Una volta eletti via web ed inseriti nelle liste elettorali i candidati idonei all’attività parlamentare, gli elettori si recheranno alle urne ufficiali e li voteranno in via “ufficiale” al momento delle elezioni.

 

Per quanto riguarda le elezioni amministrative, le Universitas civium locali si occuperanno solo della presentazione delle liste locali composte da candidati scelti in loco senza un passaggio dall’Unicivium nazionale, che non deve interferire.

 

I componenti dei vari GDS ed i parlamentari non possono presentare candidature.

 

L’elettore può, se necessario, esercitare l’ostracismo. I due terzi dei componenti dell’Unicivium devono dichiararlo, come sempre con voto palese, nei confronti del componente da bandire. Con la messa al bando del medesimo il GDS preposto al web disattiva il suo accesso telematico

 

Qui corre l’obbligo di puntualizzare un aspetto poco trattato: il voto palese.

Nell’Universitas civium sia le proposte che le votazioni sono palesi, non esiste la segretezza del voto. Tutti devono sapere degli altri come se si trattasse  di un’alzata di mano nella “piazza comunale”, tutti devono sapere chi propone quale persona o quale proposta e chi vota contro.

Essendo le persone proposte provenienti dall’intellighénzia non si pone più il problema del colore politico in senso stretto anche se l’Unicivium, a causa di una struttura che fa perno sulla partecipazione all’amministrazione della cosa pubblica, pencola leggermente a sinistra.

Oramai  lo schermo del voto segreto è obsoleto, in quanto tutti quanti noi esprimiamo chiaramente, ed a volte, anche violentemente la nostra appartenenza ideologica. La garanzia della privacy sicuramente deve esistere, ma non vedo quale problema possa creare la palese appartenenza all’Universitas civium.

 

Non è di alcun interesse sapere per chi si vota: tramite l’iphone vengono tracciati i nostri percorsi, tramite i server internet ed i tracker vengono fornite le informazioni sulle nostre preferenze “culturali”, tramite la telefonia viene rivelato chi frequentiamo, tramite la scheda ASL si conosce il nostro stato di salute e, se siamo su facebook, siamo noi che diamo le nostre informazioni personali gratuitamente. A quale fine? Al fine di classificarci non come cittadini, ma come consumatori, come potenziali clienti. Oppure al fine di accumulare dati  su potenziali  soggetti politici e creare dei dossier a loro carico da utilizzare in futuro.

Quindi, a cosa serve la segretezza del voto?

 

Altro aspetto del voto palese e responsabile è la possibilità di evitare di incaricare qualcuno all’interno dell’organizzazione di nominare dei responsabili.

Si possono e si devono eliminare le nomine fatte da terzi ed in effetti esse non sono previste nell’Unicivium. Niente più presidenti nazionali che nominano vice presidenti nazionali che a loro volta nominano presidenti provinciali e così via.

L’elettore ha la facoltà di dare vita ad una Universitas civium locale o circondariale, unica struttura della quale è personalmente responsabile, avente gli stessi scopi dell’Unicivium nazionale e nel fare ciò deve adempiere ai doveri imposti dalla legge vigente. Creata l’U. locale, la si presenta all’Unicivium tutta aprendo un sito proprio con le stesse funzioni dell’Universitas centrale.

Mentre all’interno dell’aggregazione vi è possibilità di evitare le nomine, la stessa cosa non vale per l’amministrazione pubblica allo stato attuale e rimando questa interessante discussione all’approfondimento di Piero Meaglia in Schumpeter e la Democrazia[1] dove l’autore si pone alcune domande:

 

.... fino a che punto, anche in uno stato democratico, deve estendersi il metodo elettivo? Quali e quante cariche pubbliche debbono venire scelte attraverso il voto popolare, e quali e quante è bene che vengano scelte con altri metodi, come la nomina e il concorso?

Vi sono nello stato delle funzioni che richiedono una elevata quantità di conoscenze specialistiche, come l’amministrazione della giustizia e parte della amministrazione pubblica. Non sempre i membri delle assemblee elettive posseggono quelle conoscenze. Né sarebbe saggio affidare la scelta dei titolari di quelle funzioni agli elettori, in gran parte ancora più impreparati, e dunque incapaci di una buona scelta. I titolari di quelle funzioni debbono venire selezionati con metodi diversi dell’elezione, come il concorso e la nomina.[2]

 

Io spero ovviamente che non si addivenga alle conclusioni di Schumpeter che invece ritiene impensabile una politica senza leader e senza le sue possibilità di nominare sia all’interno del partito che all’esterno.

Questo è certamente un tema, ma lo è anche quello della lobby P4 che a sentire i più introdotti aveva potere di influenza sulle nomine delle cariche dell’amministrazione pubblica. Se nell’ambito ristretto dell’aggregazione Unicivium non vi è necessità di nomina, nell’ambito della pubblica amministrazione si potrebbero inserire dei meccanismi di rotazione, limitazione temporale e revoca della nomina. Questo a dimostrazione  di quanto sia importante l’elezione di ogni possibile carica pubblica.


La partecipazione all’Universitas civium è un impegno che molti non sono in grado di prendere per vari motivi: ignoranza, avversione, incapacità, mero disinteresse,  necessità di eseguire i dettami di un capo o semplicemente incapacità di usare Internet.

Chi è motivato, invece, sa anche come agire, magari anche solo come supporter a livello locale. Il supporter può essere anche semplicemente colui che risolve problemi di software dell’ Unicivium Locale. Chi è motivato svolge se non altro un’ attività minima di passaparola o, perlomeno, cerca di attivare i propri famigliari.

Non è necessaria la propaganda, anche perché  una grossa parte della popolazione non ha alcun interesse ad un impegno politico come lo richiede l’Universitas e non sempre è in grado di valutare  obiettivamente la situazione politico sociale.

 

Molti cittadini, non solo giovani, hanno l’energia, l’entusiasmo e gli strumenti per dar vita all’Universitas civium. Questa dovrà porsi l’obiettivo, da realizzarsi gradualmente nel tempo, di prendere in mano le redini dell’amministrazione della cosa pubblica in un modo nuovo, umanitario, basato sulla solidarietà e sulla giustizia sociale, non sul buonismo, sull’ assistenzialismo compassionevole e caritatevole, impedendo che la minoranza della popolazione possa appropriarsi abusivamente dei soldi versati da tutti.




L’iter di una proposta di legge.

 

L’elettore propone all’Unicivium nazionale l’iniziativa di legge in modo che tutti ne ven-gano a conoscenza, anche tramite l’Unicivium locale che potrebbe essere comunale o di comprensorio, se necessario per motivi di web. Se l’iniziativa raccoglie il 50% + 1 voto degli elettori certificati, il GDS competente nella materia relativa al contenuto della proposta di legge in questione se ne incarica, la elabora in modo da poterla sottoporre in parlamento, tramite i parlamentari dell’Unicivium, previa definitiva approvazione da parte dei due terzi degli elettori certificati.

La modalità della presentazione a titolo  personale della proposta di legge, anche se proveniente da un movimento, farà in modo che non vi siano proposte inutili fatte da disturbatori, disturbati e perditempo, in quanto chi presenta lo può fare solamente  rivelando la propria identità.

 

Contemporaneamente qualsiasi componente della Unicivium può dare vita all’Unicivium Locale o di comprensorio per prendere iniziativa di amministrazione della cosa pubblica a quel livello.

La struttura è uguale: elettore – gruppo di studio – eletto, con la differenza che l’elettore è lo stesso che si interfaccia con L’Unicivium parlamentare.

Il gruppo di studio, invece, ha solo interesse ed operatività locale ed ha  i limiti dei GDS nazionali, quali l’illeggibilità dei suoi componenti a cariche elettive di qualsiasi livello.

 

Con queste prerogative dell’elettore di potere di candidatura e di revoca del parlamentare, di potere di elezione e di revoca dei componenti dei gruppi di studio, di potere di proposta e  di successiva approvazione di disegni di legge all’interno dell’Unicivium da portare poi in parlamento, la strada ad un più efficiente controllo della pubblica amministrazione da parte dei cittadini  è aperta. 


Leader, élites e la scelta dei rappresentanti dell'Unicivium.

In un siffatto sistema non si pone più il problema del leader-capo del partito che decide la collocazione dei suoi preferiti. Si risolve anche il problema delle quote rosa, perché sono gli elettori che decidono; se ci dovesse essere ancora una prevalenza di uomini all’interno dell’Unicivium, allora dipenderebbe esclusivamente da una ridotta partecipazione delle donne. Si risolve anche il problema della rottamazione, termine che trovo terribilmente spregiativo, perché con il sistema dell’Unicivium verrebbero scelti dagli elettori che ne fanno parte i candidati  parlamentari e gli studiosi unicamente per il loro valore e per la loro competenza; perché escludere una persona anziana, come vogliono i rottamatori, se è una persona di valore, quando si ha la possibilità di revocarla quando si vuole nel sistema Universitas civium?

 

L’Unicivium ha interesse a non candidare persone con un passato di attività politica, imprenditoriale , mediatica, confessionale o giornalistica o comunque di  notorietà. Queste persone sono benvenute come elettori deleganti, come portavoce eletti, ma non come componenti di gruppi di studio o di parlamentari, per ragioni facilmente comprensibili.

 

L’Unicivium non ha il compito di formare o rappresentare una nuova élite di pubblici amministratori. All’interno di essa ci  saranno, sì, delle eccellenze scelte dagli elettori tra l’intellighénzia che si mette a disposizione, che si mette al servizio, ma per un periodo limitato, ed è proprio questa limitazione nel tempo, come anche la possibilità di revoca, che impedisce la formazione di élites all’interno dell’Unicivium, impedisce che l’intellighénzia divenga una forza guida di uno o di più gruppi di studio.

Nel bene o nel male, giusta o sbagliata che sia, la decisione rimane in mano agli elettori che dovranno affrontare  temi brucianti come l’immigrazione, la giustizia, il lavoro e così via.

Un’aristocrazia dell’amministrazione pubblica non esiste più da tempo e men che meno essa esiste all’interno di un sistema verticistico di potere come il partito che può, al più, formare una casta. Il partito nella sua forma attuale è un’organizzazione verticalizzata; si è visto di recente nello schieramento politico maggioritario italiano che il capo ha richiamato con lo schiocco delle dita il suo ministro delle pari opportunità e ha fatto rientrare nei ranghi, con un buffetto sulla guancia, il suo ministro della gioventù; la cosa dimostra un palese e forte controllo da parte del capo sui suoi gregari. Anche la nomina del segretario del partito e la sua conseguente acclamazione, invece dell’elezione dello stesso da parte della base, è una prerogativa del capo ai quali i più si piegano.

 

Questo è il potere a noi tutti noto, dove il capo permette la spoliazione. Non intendo con ciò lo spoil system, ma la depredazione sistematica della ricchezza pubblica ad opera degli amministratori, a partire dai suoi più vicini collaboratori tramite pubblici appalti, fin giù, nella scala del potere, al sindaco che elargisce posti di lavoro nell’amministrazione pubblica, a livello comunale.

Il voler fare a meno del capo pone diversi problemi.

Stiamo attualmente (2011) assistendo ad una discussione sull’opposizione parlamentare che si ritrova senza un capo carismatico. E’ sempre stata una particolarità del mondo conservatore la necessità di avere un capo, una figura alla quale delegare il potere, una figura che risolva i problemi, così che non occorra doverli affrontare di persona, una persona alla quale affidare le chiavi dell’amministrazione e della nazione.

 

Non è comprensibile perché la destra politica biasimi la sinistra di non avere un capo carismatico forte, perché la sinistra, si sa, ha scelto in teoria e per tradizione la strada della partecipazione, del decidere insieme, del cercare di controllare l’operato dei suoi amministratori.

 Stranamente in questo periodo è proprio la sinistra che va alla ricerca del capo, della figura che possa coagulare una pensiero, che possa aggregare delle persone e trascinarle verso una nuova unità.   

 Con quale risultato? Di tenere comunque lontano il cittadino dalle decisioni e dall’amministrazione della cosa pubblica? Di delegare comunque e sempre qualcuno a decidere al proprio posto? Quale bisogno ho io cittadino di un nuovo capo carismatico, anche se questi mi propone un nuovo rapporto tra capo e gregari? A parte il rapporto nuovo, avrei sempre a che fare con un capo. Senza acredine, è proprio questa figura che dobbiamo accantonare ed è quello che si intende realizzare all’interno dell’aggregazione Unicivium.

 

Il capo non esiste senza gregari; se non vi sono persone che lo considerano tale, il capo non può esistere. Ciò che è più temibile in questo rapporto sono proprio i gregari e li abbiamo conosciuti durante il secolo scorso nei loro aspetti più atroci. I gregari sono persone che, per vari motivi ( la adorazione del capo, la voglia di arricchirsi, la possibilità di esercitare potere o di avere visibilità mediatica) hanno dichiarato fedeltà al capo e che, per mantenere la loro posizione, devono comunque e sempre operare in suo favore.

Questo dovere verso il capo ha i suoi vantaggi, perché scendendo lungo la piramide del potere, a loro volta, i sottoposti ridistribuiscono capillarmente queste prerogative fino ad influire profondamente nella società civile. Si va dalle mogli e fidanzate di parlamentari nazionali, elette a livello regionale, fino all’affitto a privati di beni del comune a prezzi più bassi di quelli di mercato.

E’ ovvio, a questo punto, che più persone della società civile sono coinvolte, più diventa stabile questo perverso ed ingiusto sistema.



[1] Piero Meaglia – Schumpeter e la democrazia – Universita di Torino    http://www.dircost.unito.it/dizionario/D.shtml

[2] P. Meaglia, Il potere dell’elettore. Elezioni e disuguaglianza politica nel governo democratico, Città Aperta, Troina (En) 2006,

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